Ho recuperato un articolo di qualche anno fa che parla di neuromarketing, una disciplina molto affascinante e a cui sono particolarmente legata, perché, se ben capite, può fare la differenza nell’experience digitale delle persone.
Milano, Ottobre 2015
Per motivi non strettamente lavorativi sono stata invitata a partecipare al corso su Brand di Martin Lindstrom, a cui purtroppo non sono riuscita ad andare per motivi lavorativi.
Incuriosita dall’argomento e dal personaggio, ho letto i suoi libri a proposito di marketing, neuromarketing e data. Li ho trovati estremamente interessanti, soprattutto nella presentazione di sue ricerche per capire il comportamento reale delle persone e i fattori che fanno provare emozioni autentiche, non quelle che vengono descritte nei sondaggi o nei focus group, spesso falsate dal peso sociale.
Il concetto che le persone scelgono con il cervello ma comprano con il cuore è ormai risaputo, infatti i brand cercano sempre più di coinvolgere il cliente emotivamente attraverso immagini, atmosfere, sensazioni.
Il neuromarketing
Ci sono numerosi casi di aziende che utilizzano il neuromarketing per aumentare le vendite e per fidelizzare maggiormente il cliente. La customer experience nei progetti digitali cura molto l’aspetto emozionale, non solo attraverso gli elementi grafici utilizzati, ma anche attraverso lo studio delle interazioni e dei layout per creare esperienze di navigazione positive.
Un’esperienza reale
Mi trovo in un piovoso pomeriggio autunnale a vivere un’esperienza (non digitale ma reale) che mi ha insegnato più di quanto ho appreso in anni da ricerche e libri.
Ho avuto la fortuna di essere chiamata da un professionista per fare il suo sito personale, nel quale non vuole farsi pubblicità perché è ormai in pensione, non vuole vendere libri perché non ha bisogno di internet per farlo, vuole solo lasciare un messaggio alle generazioni future.
La cosa più destabilizzante è che questa volta è vero, il sentimento è sincero. Non è come gli altri progetti dove si vuole fidelizzare il cliente e allora si cerca di aiutarlo a crescere, di farlo star meglio e altre invenzioni. Lui vuole ringraziare per la vita che ha vissuto, lasciando una testimonianza dei suoi numerosi lavori e delle sue esperienze di vita.
Definito quello che per noi era l’obiettivo del sito cerchiamo di capire il target, ma lui non si sofferma molto su questo, comincia a raccontare le sue esperienze lavorative nel mondo dell’architettura, nello sport, nella guerra, parla a ruota libera per più di due ore. Dopo i primi tentativi di rientrare nelle logiche standard dei biref mi arrendo e continuo a fargli domande sulla sua vita, la famiglia i lavori, mossa dalla curiosità e dall’interesse per questa persona straordinaria che avevo davanti.
Sembra quasi che il tempo si sia fermato, che il caos e gli impegni quotidiani non facciano parte di quelle ore che sto vivendo. Sono completamente rapita dai suoi racconti. Mi offre una tazza di tè, ma non è come quando ti offrono il caffè i clienti, che bevi velocemente in un secondo. Qui lo assapori, lo bevi sorso dopo sorso ascoltando i suoi aneddoti, poni attenzione al sapore, alla piacevole sensazione di caldi che hai nelle mani al contatto con la tazza.
Mi trovo pienamente coinvolta nei racconti e non vorrei finisse mai, incuriosita come una bambina gli faccio domande sulla sua famiglia, sulla sua infanzia e ogni storia fa nascere nuovi interessi e nuove domande.
Alla fine dell’incontro ringrazia per la mia attenzione e mi invita per un’altra tazza di tè in modo da discuter insieme come poter sviluppare il progetto.
Prendo il tram per rientrare in ufficio e cerco di pensare a come organizzare il tutto … sono confusa, non ho molte idee, ma sicuramente so che sarà un gran progetto se riuscirò a trasmettere ai lettori del sito la stessa tranquillità, la curiosità e l’ottimismo che mi ha procurato questo incontro.