Negli ultimi anni, abbiamo assistito a un dibattito sempre più acceso: UX è morta? Ha ancora senso investire in UX design quando l’AI sta automatizzando processi e il mercato digitale è maturo?
Questa domanda è diventata ancora più rilevante dopo il recente articolo di Kim Flaherty su Nielsen Norman Group (Long Live UX, 2025), in cui si sottolinea che la UX non sta scomparendo, ma si sta trasformando in qualcosa di più grande. Il futuro della UX non è più solo nei micro-dettagli di un’interfaccia o nella perfezione di un flusso utente, ma nella capacità di progettare esperienze globali e connesse, in cui ogni touchpoint gioca un ruolo chiave nel rafforzare la relazione tra brand e utente.
Non è più solo UX, è CX.
L’esperienza utente non si esaurisce in un’interfaccia ben fatta, ma si estende a tutto il percorso dell’utente con il brand, abbracciando email, notifiche push, assistenza clienti, prodotti fisici, servizi digitali e molto altro. Le aziende che non riconoscono questo cambiamento rischiano di perdere competitività.
Dalla UX alla CX: un’evoluzione naturale, non una semplice transizione
Flaherty sottolinea come, negli ultimi anni, la UX sia stata sempre più percepita come un’attività di pixel-pushing, ovvero una disciplina confinata alla progettazione di interfacce. Questo è un errore.
La UX è sempre stata molto di più.
Chi lavora in questo settore sa che il vero valore della UX è nella capacità di comprendere i bisogni degli utenti e progettare soluzioni che li guidino nel tempo, indipendentemente dal touchpoint.
Non è un caso che, con l’evolversi del mercato, molti UX designer abbiano iniziato a lavorare in CX (Customer Experience). Il motivo è semplice: le esperienze digitali oggi non si limitano a un singolo prodotto, ma coinvolgono un ecosistema di interazioni tra brand e utente.
Pensiamo a un utente che vuole acquistare un prodotto online:
- Vede un annuncio su Instagram.
- Clicca e arriva sul sito (prima interazione con l’UX design del brand).
- Riceve un’email con un codice sconto.
- Aggiunge il prodotto al carrello, ma non completa l’acquisto.
- Riceve una notifica push che lo invita a finalizzare l’ordine.
- Dopo l’acquisto, riceve aggiornamenti via WhatsApp sullo stato della spedizione.
- Dopo qualche giorno, viene invitato a lasciare una recensione.
In tutto questo percorso, l’interfaccia del sito è solo uno dei tanti punti di contatto. Il valore dell’esperienza sta nel collegare tutti i touchpoint per creare un flusso coerente e privo di frizioni.
UX non è progettare momenti, ma raccontare una storia
Flaherty, nel suo articolo, utilizza una metafora molto potente: se fino ad oggi il design UX si concentrava su “short animated films”, ora dobbiamo pensare a lungometraggi.
Questa metafora è perfetta per descrivere il cambiamento in atto.
Un tempo, progettare un’interfaccia ben fatta poteva essere sufficiente per avere un impatto sul business. Oggi, invece, l’utente si aspetta coerenza tra tutti i touchpoint, proprio come un film ha bisogno di scene ben collegate per avere senso.
Ogni interazione che il brand crea deve essere un tassello di una narrazione più grande.
I migliori brand al mondo non si limitano a vendere prodotti, ma creano esperienze. Pensiamo a Nike: il suo valore non sta solo nelle scarpe, ma nel racconto che crea attorno allo sport, alla determinazione, all’identità dell’atleta. Il suo ecosistema digitale è costruito per far vivere la marca in ogni momento, dai social media alle app di allenamento, dalle email personalizzate ai negozi fisici.
Il design UX deve evolversi da semplice ottimizzazione delle schermate a orchestrazione dell’intera esperienza di marca.
Journey-Centric Design + AI: Il nuovo approccio UX
Perché la UX sta diventando CX? Perché oggi i prodotti digitali non sono mai isolati, ma fanno parte di un percorso più ampio.
Flaherty suggerisce che il futuro della UX si basi su Journey-Centric Design + AI, un approccio che porta 4 grandi vantaggi per il business:
- Più spazio per l’innovazione nel design, con un impatto maggiore sui risultati aziendali.
- Un approccio strategico e data-driven che unisce CX e UX.
- Migliore misurabilità del ROI del design, grazie all’analisi delle performance su più touchpoint.
- AI come motore per migliorare l’esperienza, attraverso personalizzazione e automazione.
L’AI sta ridefinendo le interazioni digitali, ma se applicata su un sistema progettuale obsoleto non genera valore. Un’azienda che implementa assistenti virtuali senza avere un ecosistema CX ben strutturato otterrà un’esperienza frammentata e poco utile per l’utente.
Il punto non è se UX sia ancora rilevante, ma come le aziende devono aggiornare la loro strategia per sfruttarla al meglio.
Conclusione: la UX non è morta, è diventata ancora più essenziale
Il ruolo dello UX designer non è mai stato solo quello di ottimizzare pulsanti e schermate. È sempre stato un lavoro di progettazione dell’esperienza nel suo insieme.
L’evoluzione da UX a CX non è una perdita di valore, ma un’opportunità enorme.
- Chi si occupa di UX deve iniziare a pensare in termini di esperienze interconnesse, non singole interfacce.
- Le aziende che trascurano questo passaggio e vedono la UX solo come un miglioramento estetico sono destinate a perdere terreno.
- L’AI sarà un alleato potentissimo per il design, ma solo se verrà integrata in un ecosistema strutturato.
UX è viva più che mai, solo che ora non progetta più solo schermate: progetta esperienze.
Fonti e approfondimenti:
🔗 NNGroup: Long Live UX