Indice della guida:
1. Definizione delle mansioni del chatbot
2. Studio dell’audience del contesto
3. Creazione della personalità del chatbot
4. Progettazione del flusso di conversazione
5. Scrittura delle conversazioni
6. Creazione del prototipo
7. Testing del prototipo
A chi affidare il compito
Se stai cercando una guida che ti spieghi a livello più alto cosa sia un chatbot, hai sbagliato posto. Qui troverai le indicazioni per creare passo per passo un chatbot e le sue conversazioni (sì, ci sono anche i tool).
In più, ti spiegherò quali sono le figure migliori per eseguire questo lavoro.
Gli step fondamentali
1. Definizione delle mansioni del chatbot
Quali saranno i suoi compiti e obiettivi? Queste sono le prime domande che devi porti. Considera il chatbot come uno strumento utile al business. Non è un gioco!
Precisando che il chatbot non può fare tutto e che rischia di risultare caotico se ha troppe mansioni, ecco alcuni possibili impieghi per ispirarti.
Un chatbot può:
- Integrare il customer care (non lo sostituisce!)
- svolgere attività da assistente personale
- fornire informazioni (meteo, orari di apertura, salute, ecc.)
- fare awareness
- veicolare lead, subscription o download
- gestire prenotazioni
- assistere il cliente pre e post vendita (consigli, pagamenti, rimborsi, ecc.)
- aiutare nella produttività e stimolare nuove azioni
- agevolare pagamenti o rimborsi
- intrattenere in modo puramente ludico
2. Studio dell’audience e del contesto
Per delineare al meglio la personalità del chatbot è indispensabile:
- pensare ai principali possibili interlocutori e creare le personas (profili fittizi di clienti ideali)
- immaginare diverse situazioni di dialogo (non ne servono mille, basta isolare quelle più significative, es: l’interlocutore che vuole informazioni, quello arrabbiato, quello preoccupato perché ha un dubbio, ecc.)
- analizzare il brand (se non lo conosci) e possibili competitor
- valutare il canale di accesso più opportuno da usare e considerare le conseguenze sul dialogo da scrivere
La tabella di Hilary Black, designer di chatbot, può essere utile per identificare il canale in rapporto ai contenuti.
3. Creazione della personalità del chatbot
Nuova identità, stile Angie di TIM, o corrispondenza totale con quella del brand, come il chatbot di KLM?
Nel primo caso, sarà utile immaginare che il chatbot sia come una persona “da creare”.
Per la sua identità sarà fondamentale:
- scegliere un nome
- pensare a un TOV ben definito (connesso al TOV del brand – non esagerare!)
- creare un avatar (a meno che il chatbot non sia voice)
Questi passaggi che definiscono la strategia sono preziosi per la successiva stesura di tutti testi.
4. Progettazione del flusso di conversazione
Un po’ come al sito serve l’alberatura, per il chatbot sarà fondamentale disegnare una mappa generica del dialogo. Semplice o complesso che sia.
Strutturare il flusso aiuta a:
a. individuare l’approccio migliore per ogni step (domanda con più risposte, domanda con sì o no, inserimento di GIF, video o immagini esplicative, ecc.)
b. capire se la conversazione scorre e ha un suo equilibrio
c. rilevare eventuali grandi criticità
Due tool perfetti per crearlo:
diagrams.net (lingua inglese) – desktop app totalmente gratuita con accesso diretto
Lucidchart (lingua italiana) – desktop app con registrazione e versione base gratuita
Esistono ovviamente anche Sketch, Xd o Figma. Più complessi.
Il flusso di conversazione comprende genericamente:
– la presentazione e il saluto iniziale
– la scelta di frequenza di ricontatto (non sempre presente – dipende dalla funzione del chatbot)
– i dialoghi principali e secondari (domande e risposte, informazioni e suggestioni, scelte, offerte di servizi, ecc. )
– i messaggi di errore e le scuse (con eventuale presa in carico da parte di una persona)
– il saluto finale (con eventuale reminder di ricontatto o istruzioni per il futuro)
5. Scrittura delle conversazioni
Percorrendo il flusso già definito con il tool, basta introdurre i testi all’interno dei box, con la mente sempre focalizzata su personalità del chatbot, contenuti supportati (vedi la tabella sopra in “Studio dell’audience e del contesto”), audience e contesto.
Non esistono regole precise per scrivere i dialoghi. Ricorda che il risultato migliore si ottiene portando l’utente dove vuole (e dove vuoi tu) nel minor tempo possibile.
Conversazioni basic
Molti Chatbot lasciano all’utente pochissimo spazio d’azione: pongono domande con risposte predefinite, per cui basta un click per scegliere. Questo approccio funziona se la conversazione non richiede grandi sviluppi e il Chatbot ha una o poche funzioni semplici.
Conversazioni con keyword
Vuoi che il tuo chatbot sia più intelligente nel capire l’interlocutore? Può farlo! Non comprenderà il significato di ogni parola che gli si scrive, ma si potranno settare determinate keyword in modo che siano il trigger per attivare una sua risposta piuttosto che un’altra.
Come si trovano? Immaginando cosa potrebbe scrivere l’utente in rapporto al chatbot e individuando le parole chiave.
Le keyword possono essere definite per sinonimi o per categorie, ad esempio.
Per salutare il chatbot una persona potrebbe dire “ciao”, ma anche “buongiorno”, “salve” o altri termini, le keyword in questo caso sono sinonimi.
E le keyword per categorie? Immaginando un chatbot che aiuta a ordinare una pizza, nella fase di definizione dell’aggiunta extra potrebbe attivarsi con i termini “mozzarella”, “prosciutto cotto”, “salsiccia”, “funghi”, ecc.
Il campo d’azione è ovviamente molto più vasto e l’uso delle keyword rende il lavoro più complesso, ma indubbiamente rende tutto più interessante e in costante evoluzione a partire dai dialoghi con gli utenti.
In generale è importante evitare:
– i dialoghi lunghi o troppo complessi
– di lasciare troppa libertà all’utente (rischi di non riuscire a guidarlo verso le risposte che vuole)
– di creare personalità o dialoghi che sono lontani dal brand o non tengono in considerazione il contesto
– l’invio di troppi messaggi di errore senza offrire un’alternativa
– che l’ultima parola sia dell’utente – il chatbot deve congedarsi e facilitare un eventuale ricontatto
È finita qui? No
Riportare i testi su un file excel sarebbe la conclusione ideale. Perché è più semplice da gestire in caso di condivisione (con il cliente e con gli sviluppatori), di feedback e di revisione.
In più, sul file excel puoi tenere nota di tutte le keyword per il tuo chatbot, aggiornandole in funzione della fase di test.
Qui trovi un esempio in inglese di file excel impostato per Chatbot.
6. Creazione del prototipo
Se i dialoghi funzionano, non resta che mettere la teoria in pratica.
Le principali piattaforme di sviluppo per esperti di codice sono:
E se mancano le competenze di programmazione? Esistono piattaforme di pubblicazione più semplici:
Chatfluent – Versione base gratis
Manychat – Versione base gratis
Botsify – Versione gratis per 14 giorni
Smartsupp – Versione base gratis
FlowXO – Versione base gratis
Ricorda bene che anche in questa fase puoi modificare i flussi di dialogo. Perché è proprio costruendoli che puoi renderti conto di qualche errore!
7. Testing del prototipo
Si fa prima del rilascio del prototipo, con un team ristretto o più ampio ma preselezionato, e dopo il rilascio, controllando periodicamente i dati pervenuti dall’uso e i feedback.
I motivi per testare il chatbot:
– correzione di errori nei dialoghi
– check dell’usabilità
– implementazione
Ricorda che un utente difficilmente vorrà usare un chatbot che non funziona o offre una user experience inadeguata. Il lato positivo è che c’è sempre un margine di miglioramento, se le basi sono buone.
A chi affidare il compito?
Oltre al lavoro di sviluppo trattato sopra, alla UI è affidato il solo compito di disegnare il chatbot. Mentre il lavoro di strategia, di ricerca delle keyword e di scrittura spetta allo UX Writer, con il supporto di un esperto di User Experience.
di L.P.