Qual è il rapporto tra il project manager e lo UX designer? Perché ho scelto di parlare di queste due figure?
Il motivo è molto semplice, ho lavorato negli ultimi anni in un’agenzia e ho visto questi ruoli evolversi e specializzarsi, ma ho compreso solo in questi giorni quali sono i punti di contatto e collaborazione tra i due.
Credo sia chiaro a tutti a livello generico che il lavoro del project manager sia strettamente correlato alla gestione del progetto e che lo UX designer si occupi dell’organizzazione dei layout e dello studio delle interazioni. Nella realizzazione di un progetto, esistono però aree di confine che vanno gestite e non sempre questo avviene nei migliore dei modi.
Lo UX designer conosce il progetto nel suo DNA, ha fatto analisi e ricerche sul contesto e sul sul target. Ha ben presente quali sono i bisogni dei target e conosce nei minimi dettagli i flussi e l’organizzazione delle funzionalità.
Il project manager ha un rapporto più stretto con il cliente, sa quali sono i suoi obiettivi di business, quali sono le tempistiche e il budget del progetto. Ha una overview più alta del progetto a livello di attività, conosce tutte le figure coinvolte e sa come orchestrarle per riuscire a ottenere il risultato desiderato.
Ma quindi dov’è il problema?
Il problema è che quando si porta avanti un progetto questo non segue quasi mai l’iter lineare che viene presentato nella teoria. La pratica è un’altra cosa, soprattutto quando si parla di progetti digitali.
Il vecchio modello il project management “a cascata” non funziona più, e questo è noto. Non basta sostituire le fasi di questo modello con l’introduzione degli sprint, è necessario cambiare mindset.
Facciamo un passo indietro.
Il project manager tradizionale
Il modello di sviluppo tradizionale “a cascata” di un progetto prevede un susseguirsi di fasi:
- pianificazione iniziale
- analisi
- disegno
- sviluppo
- test
- rilascio
Un’impostazione rigida e chiusa, che è sempre stata alimentata dalla convinzione che il futuro sia prevedibile, che il mercato in cui si opera sia maturo e stabile e che non ci si debbano aspettare cambiamenti sostanziali.
Ovviamente, leggendo queste ultime righe viene da sorridere, visti i cambiamenti imprevedibili e radicali che sono avvenuti nell’ultimo periodo. Non dobbiamo pensare solo al Covid. L’avvento e la diffusione dei social network ha cambiato il modo di fare marketing. Il cellulare ha modificato le nostre abitudini. Netflix ha rivoluzionato il modo di guardare la televisione. E potrei andare avanti ancora citando Airbnb, iTunes, Uber e tutte le altre compagnie che hanno cambiato la nostra quotidianità.
Quindi è chiaro che i presupposti su cui si è sempre basato il modello di pianificazione tradizionale non sono più veri.
Cosa cambia per il project manager? Tutto.
Viene modificato radicalmente il modo di gestire le risorse all’interno della timing. Non bisogna più ragionare per blocchi, quindi fissare un inizio e una fine il periodo di coinvolgimento dei diversi professionisti, ma pensare a un team di progetto sempre presente. Ma non solo.
Il nuovo project manager e l’Agile
Negli anni 80 l’esercito US ha definito il mondo in cui viviamo con queste 4 caratteristiche:
V – VOLATILITY
Volatilità. Si riferisce alla natura e alle dinamiche dei cambiamenti in un dato contesto. Maggiore è la volatilità, più i cambiamenti sono veloci.
U – UNCERTAINTY
Incertezza. Indica la misura con cui è possibile prevedere con sicurezza il futuro.
C – COMPLEXITY
Complessità. Il mondo è tanto più complesso quanto più i fattori da considerare sono numerosi e interconnessi tra di loro.
A – AMBIGUITY
Ambiguità. Una situazione è ambigua quando l’informazione è incompleta, contraddittoria o inaccurata a causa della manca di informazioni e dati e quindi è difficile arrivare ad una soluzione.
In questo contesto sempre più difficile è nato l’Agile.
Termine coniato nel 2001 con il “Manifesto for Agile Software Development”.
Dai valori e principi elencati in questo manifesto derivano una serie di framework come lo SCRUM, il Kanban e l’Extreme Programming, che riguardano più nello specifico il project management e che sono sempre più utilizzati con successo.
I valori del Manifesto Agile
“Stiamo scoprendo modi migliori di creare software,
sviluppandolo e aiutando gli altri a fare lo stesso.
Grazie a questa attività siamo arrivati a considerare importanti:
GLI INDIVIDUI E LE INTERAZIONI più che i processi e gli strumenti
IL SOFTWARE FUNZIONANTE più che la documentazione esaustiva
LA COLLABORAZIONE CON IL CLIENTE più che la negoziazione dei contratti
RISPONDERE AL CAMBIAMENTO più che seguire un piano
Ovvero, fermo restando il valore delle voci di destra,
consideriamo più importanti le voci a sinistra.”
Nei quattro valori del manifesto agile ho trovato la risposta alla mia domanda.
Qual è il rapporto tra il project manager e lo UX designer?
Se il project manager utilizza un metodo vecchio e tradizionale, il rapporto lavorativo resta quello di qualsiasi altra risorsa del progetto, sarà impegnato per il periodo concordato e porterà a termine le sue attività interagendo al minimo con il team.
Il suo lavoro evolve e migliora se si utilizza invece una metodologia Agile come lo SCRUM.
Per cui non basta quindi ripensare l’organizzazione delle fasi ragionando in sprint, ma è anche fondamentale spostare il focus sull’approccio al progetto.
Gli individui, le interazioni, la collaborazione con il cliente e il cambiamento sono tutti termini che sono alla base di una efficace customer experience sul progetto.
È fondamentale che il project manager venga contaminato dallo UX designer, perché deve esistere collaborazione e coinvolgimento a ogni livello. Questo atteggiamento permette anche di costruire un rapporto più trasparente e dinamico con il cliente.
Un esempio di attività controproducente? Le riunioni one to one tra cliente e PM. In questo contesto, se il cliente ha un dubbio sulla UX, per esempio, il project manager lo prende in carico, lo riporta allo UX designer che fornisce una soluzione al collega, che viene poi riportata al cliente. Un processo rischioso, troppo lungo e macchinoso, che rende impossibile generare insieme soluzioni e alternative migliori e più efficaci.
È anche importante che il project manager conosca le nuove metodologie di lavoro orientate a generare soluzioni partendo dai bisogni dell’utente, come il Design Thinking, così da sapere in ogni momento come trovare una risposta agli stimoli che possono nascere durante il corso del progetto.
Il nuovo project manger deve esser un super eroe?
Capisco che a questo punto possa sembrare che l’unica soluzione sia che il project manager si metta studiare giorno e notte per apprendere tutte queste nozioni, ma non è questa la soluzione.
C’è un altro elemento che non è citato nei valori, ma nei 12 principi del manifesto viene spesso chiamato in causa: il team.
Qui si fa riferimento al team per la progettazione di software, ma può essere tranquillamente allargato a un gruppo più multi disciplinare.
Committenti e sviluppatori devono lavorare insieme
quotidianamente per tutta la durata del progetto.
Fondiamo i progetti su individui motivati.
Diamo loro l’ambiente e il supporto di cui hanno bisogno
e confidiamo nella loro capacità di portare il lavoro a termine.
Una conversazione faccia a faccia
è il modo più efficiente e più efficace per comunicare
con il team ed all’interno del team.
Le architetture, i requisiti e la progettazione
migliori emergono da team che si auto-organizzano.
A intervalli regolari il team riflette su come
diventare più efficace, dopodiché regola e adatta
il proprio comportamento di conseguenza.
Il team è la chiave di tutto. Una squadra che lavora insieme ed è sempre coinvolta sul progetto può aiutarsi e sostenersi a vicenda.
Il project manager deve scendere dal suo ruolo di “capo progetto” per diventare il collante della squadra.
Non c’è un ruolo più importante degli altri, ma tutti devono contribuire con le proprie conoscenze per proporre idee e soluzioni che migliorano il progetto e i flussi di lavoro.
Ci deve essere rispetto e conoscenza della professionalità altrui. Sapere qual è il contributo che ogni professionista può dare e conoscere punti di forza e di debolezza delle persone che compongono la squadra. Perché i team sono fatti da individui con caratteristiche proprie ed è compito del project manager sapere valorizzare e far crescere ogni singolo professionista.
Per maggiori informazioni sulla metodologia SCRUM consiglio il libro:
Fare il doppio in metà tempo scritto da Jeff Sutherland uno dei fondatori dello SCRUM e co-creatore del Manifesto Agile.