Il 22 aprile è una data speciale.
È il compleanno di mio figlio — e già solo questo basterebbe.
Ma è anche il compleanno di questo blog: 5 anni oggi.
Era il 2020.
Leggevo tantissimo. Libri, articoli, newsletter, ascoltavo podcast, corsi.
Assorbivo cose belle, importanti, frasi che mi facevano pensare.
Ma poi mi accorgevo che tutto questo scivolava via troppo in fretta.
Lo leggevo, lo vivevo… e lo dimenticavo.
E così ho pensato: devo scriverlo.
Devo tenerne traccia.
Devo capire cosa mi resta e cosa no.
È nato così questo blog.
Non per spiegare le cose agli altri, ma per capirle io.
Per sedimentare. Per non perdere. Per dare un ordine al pensiero.
E invece — o forse proprio per questo — è diventato qualcosa di più.
È diventato un banco di prova. Un diario.
Non è un blog professionale. È un blog personale che mi ha fatto crescere.
Qui dentro ci sono i libri che ho amato, ma anche i dubbi che mi sono venuti lavorando.
Ci sono le frasi che mi hanno dato una spinta, e anche quelle che mi hanno fatto sentire sbagliata.
C’è la sfida del cliente del giorno, la cosa su cui non mi sentivo pronta, il momento di stanchezza in cui non avevo voglia nemmeno di aprire il computer.
C’è la me che si mette in gioco, ma anche quella che si nasconde un attimo per respirare.
Scrivere è diventato il mio modo per capire cosa provo.
E anche per ricordarmi che sto camminando. Anche quando non sembra.
Oggi voglio festeggiare con una frase che mi accompagna da anni:
Io sono qui.
L’ho trovata in un libro che per me è stato importantissimo: Design Your Life, di Bill Burnett e Dave Evans.
Due professori di Stanford che hanno trasformato un corso universitario in un metodo per progettare la propria vita con lo spirito del design: curiosità, sperimentazione, piccoli passi.
All’ingresso dell’aula, c’è un cartello.
Una semplice scritta: “Io sono qui.”
È il punto zero.
Il punto onesto.
Il punto da cui si parte.
Io sono qui.
Con le mie vittorie, i miei limiti, le scelte che ho fatto.
Con tutto quello che funziona e anche con quello che ancora non va.
Sono qui perché ho detto sì a certe cose, e no ad altre.
E va bene così.
Ma il bello è che “Io sono qui” non è un punto fermo. È solo un’indicazione sulla mappa.
Come in ogni mappa che si rispetti, il “qui” serve solo a capire dove puoi andare.
Cinque anni di blog mi hanno insegnato che:
- Scrivere ti fa vedere cose che nella testa sembravano confuse.
- Non serve scrivere per gli altri. Serve scrivere per te — e gli altri arrivano lo stesso.
- Non importa se all’inizio leggono in tre. Se quello che scrivi è vero, lascia il segno.
- Le idee migliori arrivano quando smetti di cercarle.
- Ogni articolo è un gesto di fiducia verso te stessa.
- E sì, anche i sogni messi da parte per anni possono diventare realtà.
Il blog mi ha aiutata a scrivere un libro.
Forse non è tanto, ma per me è tantissimo.
Era un sogno, una promessa che avevo fatto a me stessa.
E l’ho realizzata tra mille difficoltà, più per dimostrarmi che potevo farlo che per altro.
Perché se vuoi davvero qualcosa, e ci credi, e ti ci metti — la ottieni.
Gli ostacoli non sono lì per fermarti, sono lì per rinforzarti.
A chi legge: se il tuo “qui” non ti piace, ricordati questo:
Essere qui non vuol dire restarci per sempre.
“Io sono qui” non è una condanna. È una presa di coscienza.
È il primo passo per scegliere dove andare.
Non serve una rivoluzione. Basta un microspostamento. Una scelta diversa. Un piccolo esperimento.
Ogni cambiamento inizia sapendo dove sei. Ma credendo che puoi muoverti.
Cinque anni fa lavoravo in un’altra azienda. Avevo altri obiettivi.
Ero diversa. Ma ho fatto delle scelte. Mi sono osservata. Mi sono chiesta “e se provassi…?”
Oggi sono qui. Domani — chissà.
Non so dove sarò tra altri cinque anni.
Forse in un posto simile.
Forse da un’altra parte.
Ma voglio arrivarci con la consapevolezza di aver guidato io.
Scrivere questo blog è stato, ogni volta, una mappa disegnata a mano.
A volte disordinata, a volte precisa. Ma sempre mia.
E oggi voglio solo dire:
Buon compleanno a questo spazio che mi assomiglia.
E grazie a chi ogni tanto lo legge, ci si ritrova, o si prende un pezzo per sé.
Io sono qui. Ma non per restare ferma.